INNOVAZIONE
di Silvano Mattioli
Il ritardo nell'adozione di strumenti di intelligenza artificiale: una criticità per l’Italia e l’Europa, frenati da vincoli eccessivi
Negli ultimi anni, l'intelligenza artificiale (IA) ha registrato progressi straordinari, rivoluzionando settori che spaziano dalla sanità alla finanza, fino all'istruzione e al mondo dell'intrattenimento. Tuttavia, nonostante questi sviluppi, l’Italia e l'Europa si trovano ad affrontare un grave ritardo nell'adozione di strumenti di IA avanzati, come la modalità avanzata di ChatGPT, rispetto a competitor internazionali, in particolare Stati Uniti e Cina. Per non parlare del fatto che i disabili non possano utilizzare la voce per interagire con l’IA. Questo ritardo non solo rallenta il progresso tecnologico, ma pone a rischio la competitività economica, soprattutto in un mondo globalizzato dove l’innovazione è sempre più cruciale per mantenere la rilevanza sul mercato.
Vincoli normativi eccessivi: un freno all'innovazione
Una delle principali cause del ritardo europeo è rappresentata dai vincoli normativi eccessivamente restrittivi. L'Unione Europea, pur ponendosi come leader nella tutela dei diritti digitali e della privacy, rischia di compromettere il suo ruolo nel panorama internazionale relativo all'IA a causa di regolamentazioni che, seppur ben intenzionate, frenano l'adozione su larga scala di queste tecnologie. Iniziative come l'Artificial Intelligence Act sono un esempio: mentre cercano di creare un quadro giuridico robusto per l’utilizzo sicuro dell'IA, rischiano anche di imporre oneri burocratici eccessivi, scoraggiando l’adozione di strumenti avanzati come quelli basati su modelli GPT. In Italia, la situazione è ulteriormente complicata dalla lentezza burocratica e dall'incapacità di adattarsi rapidamente alle esigenze del mondo digitale. Le normative, spesso obsolete e scollegate dal rapido evolversi della tecnologia, non solo rallentano le sperimentazioni, ma impediscono anche alle aziende e agli enti pubblici di integrare soluzioni innovative. Mentre altri Paesi, come gli Stati Uniti, incentivano l’adozione e la sperimentazione dell’IA con approcci normativi più flessibili, l’Europa rischia di essere paralizzata da un eccesso di precauzioni. Vincoli normativi, comunque, che possono essere aggirati comprando con pochi euro una vpn. Internet e l’IA non possono essere regolati in questo modo.
Il paradosso della privacy e la paura del cambiamento
La paura che l’intelligenza artificiale possa violare la privacy o minacciare la sicurezza dei dati è molto forte in Europa, e tale timore ha condotto a normative come il GDPR (General Data Protection Regulation), che seppur necessario, rappresenta un ulteriore ostacolo per le imprese nell’adozione di IA avanzate. Mentre la protezione dei dati è indubbiamente importante, la normativa ha un impatto restrittivo sulle tecnologie emergenti, richiedendo alle aziende di investire tempo e risorse significative per conformarsi a regole stringenti, a volte troppo rigide per favorire l'innovazione. Questa paura del cambiamento, radicata nella cultura europea, ha portato a un atteggiamento eccessivamente cauto rispetto all’adozione di tecnologie IA, soprattutto in Italia. Le imprese italiane, in molti casi, sono ancora titubanti nell’adottare strumenti come ChatGPT nella loro modalità avanzata, temendo che possano risultare troppo complessi da gestire o che possano esporre l’azienda a rischi legali non ancora ben definiti. Questa visione miopica impedisce di cogliere l’enorme potenziale trasformativo dell’IA, rallentando lo sviluppo economico e tecnologico del Paese.
Il contesto economico italiano: inefficienze strutturali
Il ritardo dell'Italia nell'adozione dell'intelligenza artificiale non può essere spiegato solo con vincoli normativi. Il contesto economico italiano è caratterizzato da una bassa propensione all'innovazione, con un sistema produttivo che rimane fortemente ancorato a settori tradizionali e che, solo di recente, ha iniziato a percepire l'importanza della trasformazione digitale. Le piccole e medie imprese (PMI), che costituiscono il cuore del tessuto imprenditoriale italiano, spesso non dispongono delle risorse necessarie per investire in tecnologie avanzate come l'IA. A questo si aggiungono le inefficienze strutturali del Paese: una rete infrastrutturale digitale poco sviluppata rispetto ad altri Paesi europei e una pubblica amministrazione ancora troppo legata a sistemi cartacei e obsoleti. Le lentezze burocratiche, l’assenza di un quadro normativo adeguato e la scarsa consapevolezza delle opportunità offerte dall'IA creano un ambiente in cui l'adozione di strumenti avanzati come ChatGPT rimane estremamente limitata.
Il costo di questo ritardo: competitività a rischio
Il ritardo nell'adozione di intelligenza artificiale avanzata ha conseguenze dirette e tangibili, soprattutto in un contesto globale sempre più competitivo. Paesi come la Cina e gli Stati Uniti stanno investendo miliardi di dollari in IA, sviluppando tecnologie all'avanguardia che stanno trasformando i loro sistemi produttivi e di servizio. L’Italia e l’Europa, invece, rischiano di rimanere indietro, incapaci di competere alla pari con queste potenze. L'Europa, in generale, ha il potenziale per essere un leader globale nell'IA, ma questo sarà possibile solo se saprà superare le barriere normative e culturali che la frenano. Il rischio è che i migliori talenti, incapaci di esprimere il proprio potenziale in un contesto così limitante, decidano di trasferirsi all'estero, contribuendo ulteriormente all’arretramento competitivo del continente.
L’urgenza di un cambio di rotta
È evidente che, per recuperare il ritardo nell'adozione di IA, sia in Italia che in Europa, sia necessaria una svolta radicale. Da un lato, le istituzioni devono snellire i processi burocratici e rivedere le normative per favorire l’innovazione, senza compromettere la sicurezza e la privacy. Dall'altro lato, le aziende e i governi devono riconoscere l’importanza dell’IA e promuovere una cultura del cambiamento, incentivando l’adozione di tecnologie avanzate. La modalità avanzata di ChatGPT e strumenti simili potrebbero rivoluzionare interi settori economici, ma per farlo serve un ambiente normativo flessibile e un’infrastruttura adeguata. Continuare a rimandare questa trasformazione equivale a condannare l'Europa a un ruolo marginale nello sviluppo tecnologico globale, con conseguenze devastanti per la crescita economica, l’occupazione e la competitività. In definitiva, è giunto il momento che l’Italia e l’Europa prendano consapevolezza del rischio di restare indietro e agiscano con decisione per colmare questo gap, abbracciando con coraggio le opportunità offerte dall'intelligenza artificiale.
La locomotiva non si fermerà
Il nuovo paradigma dell’IA di “ChatGPT-o1” prevede una IA che valuti i suoi risultati e scelga i migliori scenari per dare una risposta. Invece di inserire un modello all’interno per tutelare i diritti (ossia un modello obbligato che valuti la liceità delle risposte) l’UE si ferma a problemi di privacy che sono limitanti e inattuabili visto che tutte le risorse utilizzate dalle IA sono fornite dagli utenti e sono liberamente disponibili sul WEB. La nuova IA (che ricordiamo è arrivata al livello di un dottorando universitario e di cui esiste un modello presentato al ministero della difesa americano) interagisce con le persone fornendo risposte ragionate proprio come farebbe un cervello umano, e siamo solo all’inizio. Similmente, la guida autonoma conferisce sicurezza ai trasporti e invece di essere incentivata come metodo per salvare vite umane è ghettizzata come rischio: ma quando un ABS non riesce a frenare a chi diamo la colpa? Al sistema o a qualcun altro? La locomotiva è partita e abbiamo due scelte: provare inutilmente a bloccarla o governarla inserendo un’amministrazione intelligente al suo interno. Ad oggi, continuiamo a percorrere la strada sbagliata.