di Donato Bonanni
La Giornata mondiale per l’Ambiente offre l’opportunità di riflettere sulle questioni in materia e di promuovere azioni concrete, con la consapevolezza che la salvaguardia del nostro pianeta sia una responsabilità anche verso le generazioni future.
Quest’anno l’Organizzazione delle Nazioni Unite ha scelto il tema dell’inquinamento da plastica che può essere contrastato attraverso l’attuazione “sistemica” del modello di economia circolare. I numeri di questo fenomeno sono impressionanti. Secondo i dati dell’Ocse (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo economico) nel 2022 il mondo ha prodotto oltre 430 milioni di tonnellate di plastica e potrebbe triplicare la produzione stessa entro il 2050, considerando anche la crescita nei Paesi in via di sviluppo.
La plastica costa pochissimo, è leggera e resistente, può assumere qualunque forma e ha la capacità di conservare
bene i cibi, di isolare i cavi elettrici e i dispositivi elettronici e di rivestire parti interne o esterne di veicoli, di aerei e di altri mezzi di trasporto. È dappertutto ed è il simbolo della società dei consumi. Questo materiale assorbe circa il 5 per cento della domanda mondiale di idrocarburi, considerando sia la materia prima vera e propria, sia l’energia necessaria per produrla. Oggi, però, la plastica costituisce un problema di inquinamento e di distruzione del pianeta: isole gigantesche di plastica galleggiano nei mari e nei fiumi, cumuli di rifiuti da plastica invadono le città e i parchi. Le conseguenze? Danni incalcolabili per l’ambiente e per la salute delle persone e degli animali, a causa di una inadeguata gestione dei rifiuti.
Il rapporto del programma delle Nazioni Unite per l’ambiente, dunque, propone un cambiamento di sistema per contrastare questa piaga, combinando la riduzione dell’uso non necessario della plastica con una trasformazione del mercato verso la circolarità di questo materiale. Ciò può essere ottenuto accelerando due motori del modello di economia circolare: i sistemi di riutilizzo offrono la massima opportunità di ridurre l’inquinamento da plastica (una riduzione del 30 per cento entro il 2040), sostituendo alcuni dei prodotti più problematici e non necessari e il riciclaggio (in Italia la filiera è all’avanguardia e con tassi buoni di recupero) potrebbe ridurre la quantità di inquinamento dallo stesso materiale di un ulteriore 20 per cento entro il 2040. Rispetto a quest’ultima opzione, è bene ricordare che molte plastiche, già oggi, se efficacemente raccolte e selezionate, possono essere riciclate. Tra queste il Pet, polimero impiegato ad esempio per le bottiglie che utilizziamo per bere acqua e bibite. Altre sono riciclabili in modo indiretto, ottenendo materiali meno pregiati degli originali, ma pur sempre richiesti dal mercato. Insomma, la ricerca e l’innovazione tecnologica potranno offrirci altri materiali di qualità dalle plastiche miste. Per gli altri materiali, invece, la strada può essere solo quello del recupero energetico attraverso i termovalorizzatori o altre tecnologie sostenibili, se non si vuole che gli stessi materiali finiscano in discarica o, peggio ancora, abbandonati sul suolo o negli oceani.
A Roma l’inquinamento da plastica (e dei rifiuti in generale) è un fenomeno diffuso per incuria e irresponsabilità dei cittadini e dei turisti e per la cattiva e inefficiente gestione dei rifiuti. Le strade, i parchi, il fiume Tevere, il litorale e persino le caditoie sono invase dalle bottiglie di plastica. Situazioni, queste ultime, che possono compromettere il corretto passaggio delle acque piovane, facilitando gli allagamenti. È necessario che il Comune e la Regione Lazio spingano sull’attuazione concreta del modello di economia circolare, attraverso gli investimenti infrastrutturali legati anche al riciclo della plastica e che l’alleanza tra la municipalizzata Ama (già in forte difficoltà organizzativa ed economica), i cittadini, le scuole e le associazioni si rafforzi per garantire pulizia e decoro nel territorio.
Il cittadino ha il dovere di sentirsi parte attiva alla cura del bene comune e di custodire la città come se fosse la propria casa. Le istituzioni, invece, hanno la responsabilità di agire per decidere sul futuro di Roma: una città circolare che sfrutti anche le tecnologie del riciclo in nome della sostenibilità ambientale ed economica.