di Donato Bonanni
Un anno e mezzo fa, il sindaco capitolino Roberto Gualtieri (dietro i poteri straordinari per il Giubileo 2025 affidatogli dal precedente Governo Draghi) ha individuato l’area dove costruire un termovalorizzatore simile a quello di Copenaghen, con una capacità complessiva di trattamento pari a 600mila tonnellate di rifiuti l’anno.
Questa decisione ha provocato la reazione di comitati e di associazioni locali (con il sostegno indiretto del M5S, di Legambiente, del Wwf, dei comuni dell’hinterland romano e di una parte importante del sindacato e della sinistra) che si sono spinti fino a ricorrere dinanzi al Tar Lazio per denunciare (secondo loro) l’inutilità e l’insicurezza dell’impianto stesso e per far ritirare il piano rifiuti di Roma.
Nello scorso mese di luglio, i giudici amministrativi hanno finalmente emanato due sentenze che respingono, nel merito, tutti i ricorsi. In particolare, dagli stessi verdetti si possono trarre due importanti indicazioni: la prima riguarda il fatto che i poteri conferiti al sindaco di Roma, come commissario straordinario in vista del Giubileo del 2025, sono giustificati dall’evento stesso, che comporterà un maggiore afflusso di turisti provenienti da tutto il mondo; la seconda, invece, concerne il vero nodo del contendere, cioè la realizzazione di un impianto di incenerimento con recupero di energia, in grado di chiudere correttamente il ciclo dei rifiuti e di limitare, di conseguenza, il conferimento degli stessi rifiuti in discarica. La decisione della giustizia amministrativa di primo grado non ha scoraggiato la fronda vetero ecologista, che ha continuato la sua battaglia ideologica, appellandosi al Consiglio di Stato. Recentemente, quest’ultimo ha messo fine alla diatriba e ha confermato, rafforzandole con ulteriori motivazioni, le indicazioni già arrivate in questo senso dal Tar del Lazio. Secondo i giudici del Consiglio di Stato, la realizzazione del termovalorizzatore a Roma risponde pienamente ai principi e alle disposizioni normative europee e nazionali in materia: rispetta la cosiddetta “gerarchia dei rifiuti”, perché riduce in modo significativo il conferimento in discarica, ottimizzando il ciclo nel suo complesso; incrementa l’attività di recupero energetico rispetto al conferimento in discarica; realizza l’autosufficienza e la prossimità territoriale nello smaltimento e nel recupero dei rifiuti; attua il principio della gestione dei rifiuti senza pregiudizio per l’ambiente, riducendo il trasporto di rifiuti in Italia e in Europa. Infine, i giudici amministrativi hanno contestato l’obiezione sollevata dai comitati e dalle associazioni locali, secondo la quale il termovalorizzatore a Roma impedirebbe la crescita della raccolta differenziata. Su quest’ultimo punto, mi pare che ci siano i soliti pregiudizi ideologici: negli ultimi dieci anni, la percentuale relativa alla raccolta differenziata è stata sempre bassa (ben lontana da quelle performanti di altre città italiane ed europee) e gli investimenti tecnologici, come quello della termovalorizzazione, non sono stati minimamente presi in considerazione. Non è la prima volta che la giustizia amministrativa sia stata coinvolta per fare da arbitro tra le posizioni del fronte del “no” e quelle a sostegno della realizzazione di impianti di recupero energetico dei rifiuti. Infatti, il Tar e il Consiglio di Stato si erano già pronunciati a favore di queste tecnologie sicure, sostenibili e “circolari”, in più di un’occasione, mandando a rotoli i piani catastrofistici e sloganistici del movimento pseudo-ambientalista, che pensa di salvare l’ambiente e la salute pubblica imponendo la gestione dei rifiuti alle fatiche degli altri.