di Marco Borrello
Il tema del suicidio nelle carceri è un problema grave e complesso che merita attenzione. Le statistiche recenti mostrano un aumento preoccupante dei tassi di suicidio tra i detenuti, evidenziando la necessità di interventi mirati per migliorare le condizioni di vita all'interno delle strutture penitenziarie.
Secondo il rapporto annuale dell'Organizzazione Nazionale per la Prevenzione del Suicidio (ONPS), nel 2022 si sono registrati circa 200 suicidi nelle carceri italiane, un incremento rispetto ai 180 del 2021. Questo trend è stato osservato anche in altri paesi europei, dove i tassi di suicidio tra i detenuti sono significativamente più alti rispetto alla popolazione generale. Le cause di questo fenomeno sono dovute al sovraffollamento e alle condizioni igieniche precarie che possono contribuire ad un aumento dello stress e della depressione tra i detenuti. Inoltre, la vita in carcere è spesso caratterizzata da isolamento, mancanza di contatti sociali e da un ambiente altamente squalificante. Molti detenuti arrivano nelle strutture penitenziarie con disturbi mentali non trattati, che possono essere aggravati proprio dalla detenzione.
Un'alta percentuale di detenuti, tra l’altro, ha subito traumi o abusi, che portano ad un aumento del rischio di comportamenti suicidari. Inoltre, molti istituti penitenziari non dispongono di risorse adeguate per fornire supporto psicologico ai detenuti, lasciando molti senza l'assistenza necessaria. Esiste anche una mancanza di contatti con familiari e amici che può aggravare il senso di impotenza e disperazione. In molti casi, la stigmatizzazione dei problemi di salute mentale può impedire ai detenuti di cercare aiuto. Per affrontare questo problema, è fondamentale anche implementare una serie di misure volte al miglioramento delle condizioni di detenzione, investendo in infrastrutture e servizi per garantire ambienti più umani e accoglienti all'interno delle carceri, riducendo l'architettura opprimente che contribuisce al senso di claustrofobia e aumentando la formazione del personale ; infatti, sia gli agenti di polizia penitenziaria, che affrontano situazioni di alta pressione e di stress, che il personale sanitario devono essere formati per riconoscere i segnali di disagio psicologico e intervenire tempestivamente. Per ultimo, sono Importanti le collaborazioni con organizzazioni non governative e associazioni che si occupano di salute mentale e diritti umani, al fine di sviluppare programmi efficaci. È cruciale garantire che tutti i detenuti abbiano accesso a supporto psicologico adeguato, attivando anche programmi che favoriscano il reinserimento sociale e lavorativo, che in molti casi può ridurre il rischio di recidiva e migliorare il benessere psicologico. Il fenomeno dei suicidi nelle carceri è una questione complessa, che richiede un approccio multidisciplinare. Solo attraverso una combinazione di miglioramenti strutturali, formazione e supporto psicologico si potrà sperare di ridurre questi tragici eventi e garantire una vita dignitosa anche a chi si trova dietro le sbarre. La società ha il dovere di prendersi cura dei più vulnerabili, anche in contesti difficili come quello carcerario.