di Donato Bonanni
In queste settimane i mass media italiani hanno continuato a discutere della vittoria quasi schiacciante di Donald Trump alle recenti elezioni presidenziali statunitensi.
E non tutti sono stati obiettivi nell’analisi della campagna elettorale condotta dallo stesso tycoon. Diciamoci la verità. Questo personaggio, che può suscitare irritazione per i suoi comportamenti smodati e per i suoi toni aggressivi, è stato molto più convincente ed efficace dell’avversario democratico, approfittando anche degli errori commessi da quest’ultimo con il suo appoggio incondizionato al movimento “woke” e a quello della “cancel culture”. In altre parole, il Presidente neoeletto ha saputo conquistare gli americani, proponendo soluzioni concrete ai problemi che riguardano la vita quotidiana delle persone. Pensiamo alle ricette economiche ed energetiche o a quelle fiscali o ai temi complessi, come l’immigrazione, la sicurezza e le crisi in Medio Oriente e in Ucraina. Insomma, il pragmatismo trumpiano si è imposto su una leadership democratica incerta e distante dalla realtà sociale. Mentre negli Stati Uniti si va delineando una nuova linea politica, in Europa lo scenario è alquanto confuso.
Si stanno infatti affermando formazioni estremiste di destra che, peraltro, si ritrovano unite nell’antisemitismo e nel sostegno a Putin. Molti movimenti vicini alla sinistra fanno il tifo per gruppi terroristici organizzati (Hamas, Hezbollah, Houthi) e finanziati dall’autocrazia iraniana di Khamenei, la più oscurantista e liberticida del pianeta (che tiene sotto controllo diversi Paesi del Medio Oriente e ha un filo diretto con altre dittature come la Corea del Nord), e sognano la distruzione dell’unica democrazia liberale avanzata nel contesto mediorientale, Israele. A questo, si aggiunge la possibilità di una nuova e diversa relazione tra Unione europea e Stati Uniti, in cui quest’ultima superpotenza potrebbe adottare i dazi per riequilibrare la bilancia commerciale e decidere di ritirare la protezione americana agli alleati UE che non avessero contribuito in modo adeguato alla propria difesa. Nel frattempo, bisogna constatare l’assenza di nuove strategie per la competitività del Vecchio Continente (indipendenza energetica e neutralità tecnologica, maggiori investimenti nell’intelligenza artificiale e nelle similari soluzioni innovative) e il mancato rafforzamento politico dell’Unione europea verso un soggetto federale. Su quest’ultimo punto, un esempio lampante è quanto sta accadendo per la formazione della nuova Commissione UE (dopo sei mesi dalle elezioni europee). Questi sono segnali evidenti di confusione, di instabilità politica, di perdita di valori giudaico-cristiani e di incapacità di leggere correttamente ciò che accade nel mondo.