di Mario Di Palma
Neuroni-zombie, mai osservati sino ad ora, gettano un po’ di luce sui meccanismi ancora non del tutto compresi attraverso i quali il cervello è in grado di imparare e di adattare le azioni, sulla base delle esperienze passate.
Sono stati definiti “zombie” perché, pur essendo vivi, non rispondono più agli stimoli sensoriali esterni e impediscono quindi di apprendere. Il risultato si deve allo studio condotto su vari topi e pubblicato sulla rivista “Nature Neuroscience” da alcuni ricercatori della Fondazione portoghese Champalimaud. Il cervelletto contiene più della metà dei neuroni del cervello ed è localizzato nella parte posteriore dell'encefalo. È essenziale per l’equilibrio e la coordinazione dei movimenti, ma anche per il processo di apprendimento, perché consente di associare segnali sensoriali ad azioni specifiche, grazie al suo lavoro costante di monitoraggio del mondo esterno e delle conseguenze dei movimenti che compiamo al suo interno.
I ricercatori, guidati da Tatiana Silva, stavano indagando il ruolo del cervelletto nell’apprendimento grazie ad esperimenti effettuati su vari topi con la tecnica dell’optogenetica, una sorta di telecomando super-preciso destinato alle cellule cerebrali, che utilizza la luce per accendere e spegnere determinati neuroni in momenti specifici. I dati ottenuti, però, hanno fatto prendere allo studio una svolta inaspettata: per poter usare l’optogenetica, i ricercatori avevano manipolato le cellule in modo da far produrre loro una proteina sensibile alla luce, ma dopo questo passaggio i topi non erano più in grado di imparare. In pratica, i neuroni erano diventati “zombie”, vivi ma incapaci di interagire con i circuiti del cervello come di consueto. Il risultato dimostra il ruolo chiave che questi neuroni giocano nell’apprendimento e fornisce nuove informazioni sui meccanismi fondamentali del cervello.