di Andrea Lepone
A meno di un mese dall’inizio del nuovo anno scolastico, come di consueto, le tematiche riguardanti il mondo dell'istruzione tornano magicamente sulle prime pagine dei maggiori quotidiani.
La situazione che dovranno vivere studenti, insegnanti e famiglie si prospetta essere peggiore rispetto allo scenario abbandonato nel mese di giugno: un fenomeno progressivo che ormai si verifica puntualmente, ogni anno, a settembre. Nel silenzio più totale, al di là dell’effettiva entrata in vigore dei vari interventi normativi presentati dal ministro Valditara nelle scorse settimane (introduzione di tutor e docenti “orientatori”), le famiglie italiane si troveranno ad affrontare una vera e propria caccia ai contributi volontari, schizzati alle stelle, messa in atto dalla maggior parte dei dirigenti scolastici.
I versamenti volontari, una somma richiesta a discrezione delle famiglie per la copertura di tutta una serie di costi aggiuntivi, hanno raggiunto la cifra media di 86 euro annui ad alunno. In un sistema scolastico che si professa pubblico, soltanto la stessa richiesta di un simile contributo fa storcere il naso, ancor di più quando sono gli stessi presidi a sollecitare tale pagamento. Ecco come si presenta la scuola ai nastri di partenza. Sono gli stessi presidi a confermare che le cose da fare, in ogni istituto, siano tante e i fondi stanziati dallo Stato bastino a malapena per garantire i servizi di base. Solo attraverso i contributi volontari vi è la possibilità di assicurare un’istruzione di qualità. Un sistema, dunque, quello della scuola pubblica italiana, che continua ad annegare in una tremenda crisi organizzativa, oltre che economica, con i fondi del PNRR a rappresentare l'unica, insperata, ancora di salvezza. Che dire... bentornati ragazzi!