di Renato Candia
Uno dei temi che animano per ora il dibattito attorno alle urgenze del sistema scolastico del nostro Paese è quello identitario.
Si tratta di uno dei grandi argomenti che, nel nostro tempo e alla luce di una visione ormai comunemente consolidata dell’apprendimento come pratica trasversale, chiede alla scuola di individuare e consolidare solidi punti fissi nella formazione del futuro cittadino. Quale sia per esempio l’identità che la scuola descrive e considera per i suoi studenti lo descrivono i periodici Traguardi per lo sviluppo delle competenze nel contesto delle Indicazioni Nazionali. Nei processi di apprendimento i Traguardi sono l’espressione del quadro culturale che li ha generati. La combinazione degli stessi Traguardi con l’esperienza individuale dei soggetti che vi partecipano (non solo studenti, ma anche insegnanti, famiglie, portatori di interesse vari come associazioni ed enti del territorio), condividendo tra loro il tempo e gli ambienti di quello stesso apprendimento, contribuisce a formare ciò che lo storico tedesco Jan Assmann definiva come comune memoria culturale di un gruppo sociale.
L’importanza di un’adeguata considerazione del principio identitario nel tempo del digitale, viene evidenziata prima di tutto nell’utilizzo ormai consolidato dei documenti di riconoscimento e accesso ai servizi pubblici come SPID e CIE. Il rapporto DigComp 2.2, redatto dalla Commissione europea, che si occupa di scienza e conoscenza, individua cinque aree che compongono il Quadro di riferimento delle competenze digitali per i cittadini: in esso, il riferimento alla necessità di una cultura digitale, che il cittadino deve poter condividere con la comunità con cui interagisce, mette in rilievo un valore primario del tempo attuale nel quale il riconoscimento di sé, come individuo tecnologicamente competente e come parte integrante di un gruppo sociale complesso, si offre ancora una volta come principio identitario. La scuola italiana, in proposito, ha sviluppato la propria riflessione in premessa alle recenti Linee guida per l’insegnamento dell’Educazione civica (con D.M n. 183 del 7 settembre 2024), operative già dal corrente anno scolastico 2024-25: “L’educazione civica può proficuamente contribuire a formare gli studenti al significato e al valore dell’appartenenza alla comunità nazionale che è comunemente definita Patria (…) Rafforzare il nesso tra il senso civico e l’idea di appartenenza alla comunità nazionale potrà restituire importanza, fra l’altro, al sentimento dei doveri verso la collettività (…) nonché alla coscienza di una comune identità italiana…”. La questione identitaria, nelle Linee guida per l’Educazione civica, chiede alla scuola di soffermarsi concretamente su una visione chiara e definita del futuro cittadino: recuperare senso di appartenenza e sentimenti di responsabilità verso una comune e condivisa idea di Patria. Anche sul piano del dibattito delle idee, il tema identitario è sotto i riflettori, come dimostra, per esempio, la recente e discussa proposta di riforma suggerita dallo storico Ernesto Galli della Loggia, che parte proprio da un ragionamento sull’Identità come urgenza, per arrivare a definire una “Identità italiana” come necessità. Per la scuola, può essere utile allora ripensare all’identità come oggetto di una possibile narrazione del presente, accompagnando gli studenti verso una migliore e responsabile consapevolezza di sé, attraverso un apprendimento capace di attraversare lo specifico disciplinare dei saperi, verso quella che il filosofo coreano-berlinese Byung-Chul Han definisce comunità narrativa: la scuola come luogo di esercizio di linguaggi capaci di generare controllo positivo e creativo delle emozioni, (buon-)senso comune, una concreta coesione sociale e coscienza di appartenenza al proprio tempo.