di Pier Paolo Segneri
Dedico queste mie parole ai ragazzi, quelli che per strada ti vedi passare davanti agli occhi come fossero rapidi istanti di vita, quelli che vanno quasi sempre di fretta, fuggenti e sfuggenti, a volte con la testa bassa o con il cappuccio in testa, intimoriti e smargiassi, quando sono insieme, quando sono almeno in due.
Si cercano. Non si fanno trovare. Eccoli, introversi o confusi, chiassosi o muti, in gruppo o accoppiati, ribelli e scoppiati, che ti provocano perché lacerati, comunque sono soli, Soli luminosi, impacciati e sorridenti, perduti e vincenti, ad affrontare il mondo di fuori, dopo aver combattuto con il loro mondo di dentro. Eccoli. Osservali. Osserva quello che i ragazzi non dicono a parole. Quello che non fanno. Guardali, questi giovani. Costretti ad essere omologati eppure tutti così diversi. Uno per uno. Ciascuno a modo suo. Spesso lontani dalla memoria, distanti da tutto.
In fuga dal presente per paura del futuro. Fragili, ma generosi. Vivaci, ma feriti in battaglia. In conflitto con loro stessi. Perduti dentro uno specchio, vivono di riflessi. Vogliono farsi notare e si nascondono, si vestono come per darsi un tono o per farsi accettare e poi, “Che ansia!”, corrono via, ma non sanno con chi parlare, eppure avrebbero molto da dire a chi fosse disposto ad ascoltarli, a chi fosse capace d'ascoltare invece che giudicare. “Ciascuno cresce solo se sognato”. Al centro d'una tale questione così nevralgica, c’è il tormento di chi non vuole deludere e si paga sempre un prezzo ad investire sul domani, ma chi ama rischia... e ne vogliono parlare. Soprattutto ci sono loro, ragazze e ragazzi del 2024, che sono la vera forza del nostro presente, la nostra possibilità per l'avvenire. Non possiamo lasciarli sull'arenile. Se guardano il mare... è perché sognano di partire. Purtroppo, negli ultimi trent’anni, i giovani sono stati anche derubati del loro futuro, della loro voce e della parola. Restano perciò muti. E non per scelta. Eppure, vorrebbero parlare, vorrebbero esprimersi, chiedono la parola. Silenzio. Si sottovaluta spesso il dialogo come se fosse astratto, come se la parola non avesse peso, come se fosse niente, come se non avesse anima, come se non agisse. Poi, ci lamentiamo delle conseguenze. La parola va ascoltata, va sentita dentro di noi. La parola è viva, è concreta. Altrimenti, è chiacchiera. Anche se, al giorno d’oggi, molti sono soliti affermare che le parole siano niente, che valgano poco, che servano soltanto per fare filosofia. Alla fine, però, vediamo tutti quanti dove siamo arrivati con questo modo sprezzante di ragionare. Del resto, se ci pensiamo un attimo, nel bene e nel male, quelle che restano sono proprio le parole. Perché i sogni vengono dal mare... C’è un vuoto culturale che fa spavento e tale vuoto culturale ha prodotto un terribile vuoto esistenziale. L’argine a tutto questo è ancora una volta l'amore. Per null'altro che per amore. Penso alla stupidità, alla mancanza d’ascolto, alla resa e alla rendita, a chi si rifiuta di capire, a chi, invece, ha ben capito. A questi studenti che, assonnati, affrontano la giornata, dopo aver affrontato l'intera nottata. Cercano un risveglio che tarda ad arrivare. Cercano un orizzonte... guardano il mare. Penso agli sguardi reciproci, alle carezze d’un vento mai dimenticato, ai baci che durano un attimo e a quelli che restano sulle labbra per una vita intera... Penso. Sento. Scrivo. Forse potrei dire semplicemente: Vivo. Invece, irrimediabilmente, ti scrivo. E ti dico: intanto, ama. Poi, si vedrà...