di Renato Candia
Sono trascorsi venticinque anni dal DPR 275/99, il Regolamento dell’Autonomia delle Istituzioni scolastiche del nostro Paese, un documento certamente fondativo che ha radicalmente modificato il sistema scolastico italiano.
Con l’Autonomia, infatti, è stato realizzato un generale decentramento di poteri, responsabilità e iniziative dagli uffici centrali dell’Amministrazione scolastica (essenzialmente quelli governativi del Ministero e quelli provinciali dei provveditorati agli studi) alle singole Istituzioni scolastiche che sono venute ad acquisire personalità giuridica, col supporto territoriale degli Uffici Scolastici Regionali (ex Sovrintendenze scolastiche) e degli ormai ex provveditorati provinciali diventati a loro volta Centri servizi amministrativi. L’occasione per una (sempre più necessaria) riflessione su risultati, effetti, innovazioni, prospettive, percezioni, attese, conferme, illusioni/disillusioni, è venuta a Bergamo, dall’86esimo convegno appena conclusosi dell’Andis, l’Associazione nazionale dei Dirigenti scolastici che, attraverso tre giorni di incontri con esperti del settore e riflessioni sulle esperienze svolte, ha cercato di mettere a fuoco lo stato dell’arte di una riforma storica per la scuola italiana.
Il convegno si è aperto mostrando già chiaramente una prospettiva di lettura delle questioni che sono state poste, a partire dal titolo stesso dell’evento: “L’Autonomia incompiuta – Dai decreti delegati alle attuali prospettive”. In effetti, il Regolamento 275/99 era partito non senza un certo entusiasmo da parte delle scuole, per le opportunità e le aperture che sembrava offrire ma soprattutto per il forte segnale di consapevolezza dei tempi, che richiedevano una diversa attenzione alle competenze richieste ai giovani in età di formazione (e conseguentemente anche alle scuole, soggetti erogatori di quella formazione). Alle scuole, veniva consegnata la titolarità di progettare, formare, sperimentare e gestire con riferimento alle relazioni col territorio, col mondo del lavoro e con risorse finanziarie ben più importanti da programmare e finalizzare, coerentemente con l’offerta formativa definita responsabilmente dai singoli Istituti. Qualche anno più tardi, sarebbero arrivate anche le Indicazioni Nazionali che, mandando definitivamente in soffitta il carattere prescrittivo dei Programmi, avrebbero offerto ancora maggiori opportunità e spazio alla creatività e alle potenzialità progettuali di ciascuna singola scuola. Questa spinta innovativa, tuttavia, è sembrata lentamente spegnersi per lasciar spazio alla burocrazia. Con quali effetti? Le singole scuole si sono ritrovate in carico la gestione di sempre maggiori competenze, mancando tuttavia di un necessario ancoraggio di riferimento e coordinamento territoriali su questioni come la progettualità, la formazione, le attese dell’utenza, la gestione finanziaria, i protocolli col territorio, un sistema unitario delle istituzioni scolastiche su curricoli, valutazione, sicurezza, procedure inclusive, competenze del personale e altro ancora. Tra le varie riflessioni che sono emerse, è stato da più voci e con modalità diverse evidenziato l’impoverirsi della componente associativa da parte dei Dirigenti scolastici. Se negli anni di avvio dell’Autonomia, infatti, non erano infrequenti i gruppi di lavoro spontanei che nascevano sui vari territori tra i Dirigenti scolastici delle singole scuole, con scambio di documenti, confronto di idee e prospettive, letture comuni di norme, condivisione di procedure e richieste di interlocuzione con le Amministrazioni di riferimento, queste occasioni si sono sempre più rarefatte nel tempo, probabilmente dietro la crescita esponenziale delle responsabilità gestionali, organizzative e burocratiche a carico dei Dirigenti scolastici stessi. Ai quali viene oggi richiesta, con una certa urgenza, la necessità di ripensare e promuovere una vera e propria battaglia culturale capace di farsi carico di un pensiero concreto di Autonomia, da perseguire, far crescere, conoscere e condividere tra tutti gli attori che compartecipano a un progetto formativo comune, non soltanto come professionisti ma anche come soggetti attivi in ogni senso, Enti locali, genitori e, soprattutto, studenti, affinché il loro successo formativo rimanga in assoluto la priorità principale della Scuola italiana.