di Renato Candia

Le cronache di questi giorni parlano di nuovi riferimenti in merito alla progettazione dei processi formativi lungo l’intero ciclo scolastico, dal modello 0-6 per l’infanzia a quello 4+2 riferito alla scuola secondaria ex Istituti Tecnici e Professionali, e non soltanto.
Secondo le dichiarazioni del Ministro del MIM ai mezzi di informazione, un comitato di esperti sta lavorando ad una revisione complessiva delle Indicazioni Nazionali, che costituiscono a tutt’oggi il documento-ossatura dell’intero sistema scolastico, sul quale vengono declinati nelle singole scuole curricoli e offerte formative. Le notizie rese pubbliche finora restano ancora piuttosto generiche: si parla di un ripristino dell’insegnamento del latino nella secondaria di primo grado, di una revisione dei saperi richiesti in Storia, di un ridimensionamento della progettualità sulle discipline STEM (area scientifico-tecnologico-matematica) e altro ancora. Vale la pena di ricordare brevemente che cosa le Indicazioni Nazionali rappresentino nella realtà dei percorsi scolastici del sistema di istruzione del nostro Paese.
Questo importante documento segna una svolta storica quando nel 2012 viene pubblicato ufficialmente, diventando Norma applicativa obbligatoria, sostituendo e mandando definitivamente in pensione i Programmi Nazionali. La differenza tra i due aiuta a comprendere come sia cambiata la scuola in relazione alla società, al mondo della cultura e del lavoro, in considerazione delle nuove e nuovissime tecnologie dalla comunicazione e dell’informazione, in rapporto alla quotidianità, ai bisogni e alle aspettative delle moderne famiglie e quindi, in generale, come la scuola abbia saputo rispondere alla complessità del nostro tempo. Così, mentre i Programmi nazionali elencavano conoscenze e saperi richiesti allo studente per crescere e sui quali gli veniva rivolta una valutazione di tipo quantitativo-sommativo del tipo per avere la sufficienza devi sapere questo e quest’altro, le Indicazioni Nazionali spostano l’apprendimento sul piano delle competenze e delle abilità, il cui senso si spiega nell’accompagnare lo studente a comprendere quello che può e potrà essere in grado di fare con ciò che ha imparato e che ha dimostrato di sapere. Ciò riconduce anche ad un processo formativo più complesso e articolato rispetto alla “sola” conoscenza di contenuti e nozioni: le Indicazioni, infatti, richiedono esercizio di pensiero critico, consapevolezza del proprio sapere, capacità di riconoscere, affrontare e risolvere problemi, gestione costruttiva delle proprie emozioni. Ne consegue che la valutazione, nel sistema delle Indicazioni Nazionali, diventi di tipo formativo (e non più sommativo): prendere reale coscienza dei propri errori, saperli localizzare nel quadro dei propri saperi, superare le difficoltà sapendo individuare le lacune del proprio personale percorso verso la conoscenza di sempre nuove idee, delle cose e del mondo. Le Indicazioni Nazionali hanno portato ogni singola scuola a realizzare il proprio curricolo di Istituto, nel quale i saperi disciplinari vengono ricondotti dentro il progetto formativo complessivo della scuola stessa, in un sistema di apprendimento che coniuga saperi e competenze. Lo studente viene chiamato così ad acquisire conoscenze e ad esercitarle per migliorare il proprio metodo di studio. Questa prospettiva operativa rende lo studente stesso sempre più autonomo nel saper affrontare il suo personale percorso di vita verso il mondo del lavoro, della famiglia e della società. Da un altro punto di vista, si può dire che le Indicazioni Nazionali abbiano spostato il centro dell’azione formativo-educativa dai saperi allo studente, in una maggiore considerazione delle sue attitudini e della complessità dei tempi. Questa condizione riflette ciò che il sociologo britannico dell’educazione Basil Bernstein (noto per la sua Teoria dei codici) definiva il contesto di ricontestualizzazione pedagogica: un movimento continuo e sistematico di riposizionamento del processo educativo in funzione della personalità in crescita dello studente in età di studio. Una scuola realmente consapevole di tutto questo è in grado di preparare i suoi giovani allievi ad uno studio permanente che non abbia più (e soltanto) una sua specifica età, ma continui e progredisca come progetto di vita, secondo ciò che si intende oggi per Long Life Learning.