di Donato Bonanni
Da diverse settimane assistiamo a ondate di calore più lunghe, che possono causare danni innumerevoli alla salute delle persone e si registrano temperature più elevate nelle città, in quanto le stesse trattengono una quantità di calore superiore alle zone circostanti.
La forestazione urbana può giocare un ruolo sempre maggiore nella lotta agli effetti dei cambiamenti climatici, tenendo anche conto del fatto che il processo di migrazione dalle campagne alle città è in costante aumento e che entro il 2050 circa il 70 per cento della popolazione mondiale vivrà nelle aree urbane. In particolare, gli alberi contribuiscono a mitigare la calura estiva, a regolare il flusso delle acque piovane, a migliorare la qualità dell’aria urbana (filtrando l’inquinamento atmosferico e attenuandone gli effetti dannosi sulla nostra salute), a valorizzare il patrimonio immobiliare, a tutelare la biodiversità e a rendere più belle le nostre città.
Diversi studi sono riusciti a quantificare l’effetto benefico di un aumento della copertura (fino al 30 per cento della superficie cittadina) degli alberi in città sulla salute, e quindi sulla mortalità: si eviterebbero 60 morti dovute al caldo eccessivo delle città a Milano, 42 a Bologna, 38 a Genova, 75 a Napoli, 3 a Padova, 29 a Palermo, 206 a Roma, 71 a Torino, e 9 a Trieste. Il Pnrr prevede il piano di investimento per la “Tutela e valorizzazione del verde urbano ed extraurbano”. L’obiettivo fissato dal Governo è quello di piantare 6,6 milioni di alberi, di realizzare 6.600 ettari di nuove foreste, di preservare e valorizzare la biodiversità locale per migliorare la qualità della vita e dell’aria in 14 città metropolitane. Per realizzare ciò, è prevista una dotazione finanziaria di 330 milioni di euro suddivisa in tre tranche: 74 milioni nel 2022, 74 nel 2023 e 139 milioni nel 2024. Tali risorse devono essere utilizzate per raggiungere l’obiettivo finale: piantumare complessivamente sei milioni e seicentomila piante entro il 2024, di cui un milione e seicentocinquantamila entro la fine del 2022 (e altrettante entro la fine del 2023). Un piano di investimenti che mostra, però, alcuni limiti (e contraddizioni). Primo fra tutti la cifra complessiva stanziata, che corrisponde a 50 euro per ogni albero, non sarebbe sufficiente a coprire i costi per il suo acquisto, per il suo trasporto, per la sua messa a dimora e per la sua gestione e cura. In secondo luogo, la difficoltà di approvvigionamento di un tale numero di alberi ha spinto alla fine il Ministero dell’Ambiente a chiarire che gli obiettivi di forestazione delle città metropolitane potranno essere raggiunti anche con l’uso di semi finalizzati al rimboschimento. Questa decisione ha attirato l’attenzione del collegio di controllo della Corte dei conti che, come da prassi, ha verificato lo svolgimento dei lavori e i risultati raggiunti di alcune città a fine 2022. Lo stesso organo ha deliberato che “emergono dubbi e perplessità sulla effettiva proponibilità di una tale equiparazione tra interrare semi e piantumare alberi”, aggiungendo “seri dubbi” sul raggiungimento dell’obiettivo finale previsto per il 2024. Dopo i dubbi avanzati dalla Corte dei conti, di recente il Ministero dell’Ambiente ha pubblicato un documento “Pnrr e forestazione, il question and answer del Ministero”, in cui ribadisce che il target di forestazione per il 2022 non è stato solo raggiunto, ma anche superato. Viene inoltre difesa l’equiparazione tra seme e pianta, al punto da stabilire che “la messa a dimora in vivaio è senza alcun dubbio un’attività di piantumazione”. Per i soliti ritardi italiani ci s’inventa anche l’equiparazione tra la piantumazione del seme e quella della pianta. Per fare un albero ci vuole un seme, recita la canzone di Sergio Endrigo. Giusto. Ma, nel frattempo, i semi non contrastano il fenomeno delle isole di calore, non migliorano la qualità dell’aria, non mitigano l’inquinamento atmosferico e non potranno mai gestire il flusso delle acque piovane.