di Donato Bonanni
Le innovazioni nel campo delle tecnologie digitali (compresa l’intelligenza artificiale generativa) di questi anni, hanno sempre più necessità di infrastrutture in grado di organizzare, elaborare, archiviare e diffondere grandi quantità di informazioni.
Questi “data center”, però, hanno bisogno di tanta energia stabile (attualmente consumano a livello globale circa 200 terawattora di energia all’anno) e, nello stesso tempo, necessitano di una strategia di decarbonizzazione sostenibile per ridurre le proprie emissioni di Co2 e per aumentare la propria efficienza energetica. Negli Stati Uniti, ad esempio, le grandi multinazionali (Google, Amazon, Microsoft) hanno sottoscritto accordi innovativi per alimentare i propri data center attraverso mini-reattori modulari nucleari, in grado di garantire centinaia di megawatt di energia rinnovabile pulita e continua. In Italia, al momento, è previsto un piano di investimenti da 15 miliardi di euro (fino al 2028) destinato alla realizzazione di data center: un’ondata di risorse capace di dare una sferzata all’economia del Paese e di molti suoi territori (in primo luogo la Lombardia), con una crescita rilevante dell’occupazione diretta e indiretta (si sfioreranno le 100.000 unità entro i prossimi 5 anni).
Ma le aziende disponibili ad investire nelle infrastrutture e, in generale, nel settore digitale, dovranno far fronte a questioni non irrilevanti. La prima è quella riguardante lo scenario normativo che dovrà essere più chiaro e di supporto agli stessi investimenti. In particolare, il settore Data Center risulta ad oggi non riconosciuto a livello regolatorio e viene identificato come un generico edificio industriale e questo porta ad una scarsa chiarezza normativa, che a sua volta conduce all’assenza di un procedimento specifico per l’apertura di nuovi Data Center sul territorio da parte degli enti preposti. Ne consegue che i tempi siano lunghi e i rapporti con le istituzioni complessi, con procedure che cambiano a seconda del luogo in cui è prevista l’apertura di una nuova infrastruttura. La seconda questione è legata alla mancanza di figure professionali qualificate, soprattutto nelle discipline di progettazione e costruzione. Per far fronte al disallineamento tra la domanda e l’offerta di lavoro nel settore digitale, è necessario investire nella formazione di competenze professionali adeguate, con una fattiva collaborazione tra istituzioni, università e imprese. La terza questione è quella relativa al tema energetico. Come già evidenziato in precedenza, i centri dati hanno bisogno di energia elettrica a qualunque ora del giorno e della notte e i parchi eolici e fotovoltaici, per la loro intermittenza e dipendenza da costosi sistemi di stoccaggio, sono poco adatti al soddisfacimento delle necessità dei data center. Per questo motivo, gli operatori dovranno fare affidamento su altre tecnologie rinnovabili più stabili e continue, come la geotermia (fonte inesauribile, prodotta attraverso il calore della Terra) e il nucleare (qualora ritornasse nel nostro Paese). Infine, va ricordato che lo sviluppo dei data center ha un impatto sull’infrastruttura di rete, poiché i centri di potenza superiore ai 10 MW, di cui si prevede una grande crescita nel corso dei prossimi anni, richiedono l’allacciamento all’alta tensione, non sempre disponibile sul territorio. Per questa ragione, saranno necessari investimenti relativi al potenziamento della rete elettrica nazionale.