di Federico Giannone
La povertà sanitaria sta diventando un fenomeno sempre più preoccupante in tutto il Paese. Basti pensare che, nel 2023, 427.177 persone (pari a 7 residenti su 1000) hanno chiesto aiuto ad una delle 1.892 realtà assistenziali convenzionate con Banco Farmaceutico per ricevere gratuitamente farmaci e cure.
Un numero in aumento del 10,6% rispetto alle 386.253 persone in povertà sanitaria nel 2022. È quanto emerge dall’11° Rapporto Donare per curare – Povertà Sanitaria e Donazione Farmaci, realizzato con il contributo incondizionato di IBSA Farmaceutici e ABOCA da OPSan – Osservatorio sulla Povertà Sanitaria (organo di ricerca di Banco Farmaceutico). A sostenere di tasca propria l’aumento della spesa per i farmaci sono state tutte le famiglie, comprese quelle povere, che devono pagare interamente il costo dei farmaci da banco a cui si aggiunge (salvo esenzioni) il costo dei ticket.
Il Terzo Settore si rivela quindi sempre più determinante per la sostenibilità del Servizio Sanitario nazionale. Nel rapporto si evidenzia, infatti, come le non profit attive prevalentemente nei servizi sanitari siano 12.578 e occupino 103mila persone. Di queste realtà, 5.587 finanziano le proprie attività per lo più tramite fonti pubbliche. Dal Rapporto emerge la stretta relazione tra povertà di reddito e povertà di salute: la percentuale di chi è in cattive o pessime condizioni di salute è più alta tra coloro che vivono in condizioni economiche precarie rispetto al resto della popolazione (6,2% vs. 4,3% nel 2021). Per contrastare la povertà sanitaria, il Presidente della Regione Lazio, Francesco Rocca, ha annunciato nei mesi scorsi un nuovo piano che destinerà 3 miliardi di euro alle cliniche private, allo scopo di ridurre le liste d’attesa negli ospedali pubblici. Si tratta di una soluzione immediata per evitare che i cittadini meno abbienti siano costretti a rinunciare alle prestazioni sanitarie, che risultano spesso ottenibili solo dopo tantissimo tempo. Il provvedimento della Regione Lazio imporrà nuovi obblighi alle cliniche private che operano all’interno del sistema sanitario. Le strutture dovranno garantire più letti per i pazienti provenienti dai pronto soccorso, erogare prestazioni difficili da ottenere negli ospedali pubblici e non trasferire i pazienti che necessitano di cure più gravose verso le strutture pubbliche. In caso di mancato rispetto di tali obblighi, verranno applicate pesanti penali, con un taglio del 10% al loro budget. La spesa sarà distribuita in diverse aree, come la fornitura di posti letto, l’assistenza specialistica e l’assistenza territoriale. Dei tre miliardi totali, 1,541 miliardi saranno destinati alla fornitura dei posti letto per acuti, riabilitazioni post-acuzie e lungodegenze mediche. Oltre mezzo miliardo sarà destinato alle attività afferenti all’assistenza specialistica, mentre 853 milioni saranno destinati all’assistenza territoriale. Quest’ultima includerà le residenze per anziani, le strutture per la salute mentale, la riabilitazione, l’assistenza domiciliare integrata, gli hospice e i centri per le dipendenze. Il piano prevede anche nuove regole per le cliniche accreditate. Queste dovranno dare priorità ai pazienti provenienti dai pronto soccorso pubblici, effettuare prestazioni che gli ospedali faticano a erogare in almeno il 40% dei casi e garantire gli accessi e le dimissioni ai malati anche nel fine settimana. Inoltre, saranno rimborsate solo le prestazioni necessarie e richieste dal servizio sanitario, e sarà vietato rimandare i pazienti più gravi agli ospedali. Un pacchetto di misure concrete messe in campo dal Presidente Rocca per indurre i cittadini a non rinunciare al proprio diritto alla salute per tempi di attesa troppo lunghi o per prestazioni sanitarie troppo costose, richieste dalle strutture private non accreditate.