di Donato Bonanni
In queste settimane, la situazione politica in Venezuela si sta aggravando a causa di un regime illiberale che perdura da diversi anni.
In tutto il paese crescono le mobilitazioni per protestare contro la rielezione “truccata” alla presidenza di Nicolas Maduro, succeduto al leader Hugo Chavez dopo la sua morte, avvenuta nel 2013. Purtroppo, le gravi perdite umane, i continui arresti di oppositori politici e le espulsioni delle diverse diplomazie antagoniste stanno mettendo a dura prova il paese sudamericano. Il fronte chavista rivendica il 51% contro il 44% della Piattaforma unitaria dell’avversario politico (ed ex diplomatico) Edmundo Gonzalez Urrutia, nominato dopo il divieto emanato dalla Corte Suprema venezuelana (organo controllato dal regime chavista) nei confronti della prima candidata della stessa coalizione di opposizione, Maria Corina Machado, una Giovanna d’Arco dalle idee liberali.
Mentre l’opposizione dichiara di aver ricevuto oltre il 70% delle preferenze, dimostrabile attraverso le copie di tutti i verbali predisposte dagli oltre 90.000 rappresentanti di lista nei 30.000 seggi elettorali sparsi in tutto il paese, il Consiglio Elettorale nazionale e la Corte di Giustizia (alle dipendenze dell’attuale Governo) affermano ufficialmente la vittoria di Maduro. L’attuale crisi politica si unisce ad un contesto che vede il Venezuela in un baratro economico e sociale: l’inflazione viaggia intorno al 150%, i beni di prima necessità scarseggiano, la disoccupazione dilaga a causa della chiusura di numerose società private, il prezzo del petrolio, di cui il Venezuela dispone le maggiori riserve al mondo, è precipitato, gli stipendi sono inferiori ai 200 dollari, con una spesa mensile media raddoppiata, e quasi sette milioni di cittadini hanno lasciato il paese negli ultimi dieci anni, privando la nazione di manodopera qualificata ed istruita. Questi dati catastrofici confermano la deriva illiberale del governo di Maduro, con l’evidente violazione di diritti civili, sociali ed economici nei confronti del popolo venezuelano. Nel frattempo, aumenta il numero dei governi nel mondo, nonché in America del Nord e del Sud (ad eccezione di alcuni paesi come Bolivia, Honduras, Nicaragua e Cuba), che riconoscono l’elezione di Gonzales Urrutia. Solo Cina, Russia, Iran e Corea del Nord hanno accettato la rielezione di Maduro: si tratta di quell’asse autocratico che ha l’interesse di ribaltare l’ordine e il potere occidentale. Un caso particolare è rappresentato dal Brasile, propenso, insieme al Messico, a prendere tempo. Lula, il Presidente della Repubblica brasiliana, noto per mantenere rapporti stretti con Russia e Cina, sembra indeciso sulla posizione da prendere. L’imbarazzo è forte, come lo è per molti partiti progressisti nel mondo che, nell’avvento di Chavez a Caracas, 25 anni fa, videro l’affermazione di una forza a loro vicina, nonostante il degrado economico e sociale e l’assenza di diritti civili e democratici. In Italia, purtroppo, se ne parla poco. Qualche trafiletto in alcuni giornali e il silenzio di diversi partiti politici, come ad esempio il Movimento Cinque Stelle, da sempre legato al regime chavista. Forza Italia, invece, si è sempre battuto per la democrazia in Venezuela, denunciando la feroce repressione e le continue violazioni di diritti perpetrati dal regime di Nicolas Maduro. Purtroppo, l’ipocrisia e le posizioni ideologiche di diversi partiti di destra e di sinistra in vari paesi UE (compresa l’Italia) sono molto evidenti. Ci si proclama paladini della democrazia, ma di fronte alle vicende catastrofiche del Venezuela, dell’Iran (e di altri paesi del Medio Oriente), dell’Ucraina, si chiude un occhio o si resta ambigui.