di Donato Bonanni
L’uomo è artefice e, nello stesso tempo, vittima delle continue trasformazioni tecnologiche che hanno determinato un impatto forte sull’economia, sulla società e sulla cultura.
La rivoluzione industriale del XVIII secolo (nel Regno Unito) è il primo esempio, nella storia dell’umanità, in cui il lavoro manuale (produzione di beni) viene sostituito da quello automatizzato dei macchinari, con il conseguente passaggio da una società essenzialmente agricola ad una fondata sull’industria. Successivamente, si sono compiute altre tre rivoluzioni industriali: la seconda, tra la fine dell’800 e l’inizio del ’900, caratterizzata dall’introduzione di importanti innovazioni tecnologiche come l’elettricità, il motore a combustione e la nascita del settore dell’industria chimica; la terza, il cui inizio, tra gli anni ’50 e ’60 del ’900, coincise con il fenomeno della “Grande Accelerazione”, ovvero con il passaggio dalle tecnologie analogiche a quelle digitali come il personal computer e la rete internet; la quarta (che stiamo vivendo), la quale di fatto rappresenta un’evoluzione della precedente rivoluzione digitale ed è contraddistinta dall’introduzione di nuove tecnologie come il cloud computing, l’intelligenza artificiale e l’Internet of Things, in grado di trasformare in modo sostanziale i processi produttivi, con profonde conseguenze anche sul piano economico e sociale.
Quest’ultima rivoluzione, a differenza delle precedenti, è arrivata in modo dirompente e sta rapidamente trasformando il mercato del lavoro, ridefinendo settori, ruoli e la natura del lavoro stesso. In particolare, l’intelligenza artificiale continua ad automatizzare compiti ripetitivi e standardizzati (migliorando l’efficienza operativa), sostituendo diverse figure professionali nei settori della produzione, della logistica e dei servizi. Gli impiegati, gli analisti gestionali, gli operatori di telemarketing, gli assistenti statistici, i cassieri, i segretari legali e gli assistenti amministrativi rientrano tutti nel gruppo di quei ruoli che scompariranno nei prossimi anni. Eppure, l’intelligenza artificiale ne introduce di nuovi (in realtà già presenti nelle grandi realtà aziendali) che richiedono preparazione, studio e un’attitudine specifica che può essere ricollegata ai campi della scienza, della tecnologia e dell’ingegneria; si parla, in questo caso, dello scienziato dei dati, dell’ingegnere dei dati e dell’allenatore/ispettore di algoritmi, ovvero delle figure attualmente più ricercate (e ben pagate) dell’intero mercato del lavoro. Ci sono, però, alcuni lavori che non saranno minimamente influenzati dall’intelligenza artificiale e sono quelli che richiedono un alto grado di interazione sociale (operatori sanitari, assistenti sanitari domiciliari, insegnanti, consulenti scolastici e di orientamento). Infine, ci sono quelle mansioni che subiscono una bassa esposizione all’automazione e non verranno intaccate (lavapiatti, addetti alla manutenzione stradale, falegnami e lavoratori del mondo tessile). Tutti questi cambiamenti (soprattutto per le figure professionali emergenti) potranno comportare un aumento del mismatch tra domanda e offerta di lavoro. Nel contrastare questo disallineamento, la formazione accessibile, diversa e permanente (garantita dalle aziende, dagli enti di formazione e dalle università), potrà rappresentare una risorsa sempre più unica ed efficace, anche grazie alle potenzialità offerte dall’intelligenza artificiale e dalle altre soluzioni innovative.